RECENSIONE: HUMAM di Carmelo Segreto
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Humam è un immigrato algerino che, come molti, è partito per un altro Paese per poter sostenere economicamente la sua famiglia in grave difficoltà. In Italia è costretto però a fare i lavori più modesti e a vivere nelle condizioni più umilianti.
Il cortometraggio, in tutta la sua crudezza, mostra allo spettatore uno spaccato della violenza che si consuma in silenzio ogni giorno contro migliaia di persone. In ogni luogo si trovi, lo straniero, costretto a vivere in una condizione di “doppia assenza”, allo stesso tempo lontano dalla sua famiglia e dagli affetti, ma anche alieno nel paese di destinazione. Mal visto e non accettato sia come emigrato che come immigrato, è vittima della solitudine e della xenofobia della gente, capro espiatorio su cui sfogare rabbia e frustrazione. Un dramma ancor più forte poiché il razzismo non si manifesta solo con la violenza ma anche con l’indifferenza e la diffidenza delle persone comuni.
Quello di Humam è l’incubo che vivono migliaia di altri invisibili nel mondo, migranti ma non solo, costretti a subire l’umiliazione di vivere ai margini della società e la cieca ed insensata violenza di chi è più forte. Violenza che il più delle volte resta impunita.