SorrisoDiverso

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Nicola e Roberto sono una coppia e si stanno trasferendo in una nuova casa. Mentre trasporta le sue cose dall’auto al nuovo appartamento, Nicola incontra per le scale il suo nuovo vicino e scopre, così, che hanno lo stesso nome. Sembra che quel dettaglio sia l’unica cosa che i due condividono e d’altronde, all’apparenza, sarebbe difficile individuare altri tratti in comune.

Da una parte c’è un uomo che convive con il suo compagno, con evidenti problemi di comunicazione con suo padre e che tende a esagerare con l’alcol. Il secondo Nico, invece, è un uomo socievole e scherzoso, ma affetto da una patologia genetica rara.

Nulla sembra legare queste persone, ma gli eventi li mettono presto in contatto.       

Nicola si ferma a bere in un bar, dopo il lavoro, risponde svogliatamente a una chiamata di suo padre e cerca di tornare a casa, ma annebbiato com’è dall’alcol, bussa alla porta sbagliata. Ad aprirgli è proprio il suo vicino. Gli eventi che seguiranno, a partire da questo episodio, porteranno a un’amicizia, attraverso la quale viene svelato un nuovo punto di congiunzione tra i due, perché, in qualche misura, Nico e Nico condividono alcuni lati della rispettiva storia.

Questo incontro non si limita a dare un apporto positivo alle vite dei due protagonisti, ma anche al fratello di Nicola, Leonardo, che prima della rivelazione finale vive una particolare condizione mai compresa fino in fondo, tagliato fuori dalla vita e dalle possibilità che riserva.

La conoscenza e l’informazione sulle malattie genetiche rare può cambiare una vita, fornire a qualcuno gli strumenti per trovare l’aiuto di cui ha bisogno. La scrittura di questo cortometraggio e dei suoi personaggi ritorna spesso sullo stesso filo conduttore, evocato da richiami molto diversi: non è la rarità che porta alla solitudine, ma l’incomprensione. I legami, di contro, annullano la distanza tra due mondi diversi e creano una rete tra esseri umani che si estende fino a portare beneficio anche ad altri, perché in fondo è ciò di cui tutti, indistintamente, hanno bisogno. La colonna sonora originale che accompagna il racconto corona questo percorso: riflette la spensieratezza genuina dei personaggi che animano il corto e la gioia per la vita finalmente riconquistata.

 

 

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L’onorevole Beppe Guglia è un politico, un uomo distinto all’apparenza, ma allo stesso tempo collerico, capace di perdere tutto il suo contegno quando si tocca un argomento in particolare: gli immigrati, visti più come un problema espresso in grandi numeri – tutti rigorosamente anonimi – che come esseri umani.

Beppe Guglia lo dimostra fin dalle primissime scene, quando esprime senza mezzi termini tutto il suo disprezzo nei confronti di un ragazzo di colore che cerca di vendergli fazzoletti e accendini in mezzo alla strada. Malgrado questo, l’onorevole non gli dedica più di qualche secondo, perché quel giorno è impegnato in ben altra missione. Ha impiegato tutti i suoi mezzi per rintracciare la famiglia del donatore di cuore a cui deve la vita e finalmente ce l’ha fatta.

Anni prima, infatti, Beppe Guglia è stato sottoposto a un trapianto. La moglie dell’uomo è la donna che ha acconsentito all’espianto degli organi ed è lei che accoglie Beppe in casa propria. Lui non vuole fare altro che esprimere la propria gratitudine. Cerca di darle un compenso in denaro e insiste più volte perché la donna lo accetti, ma lei rifiuta: quel gesto di generosità non ha un prezzo e il marito stesso avrebbe desiderato che restasse un atto gratuito. La donna chiede solo una cosa: di poter ascoltare ancora una volta il battito del cuore dell’uomo che amava e di farlo riascoltare anche a sua figlia.

In questo momento, Beppe ha una rivelazione che lo turba profondamente. Una volta uscito dalla casa, collassa a terra, sul marciapiede, preda di un’improvvisa confusione, quasi un delirio. A causare questo crollo è il conflitto interiore che vive, incapace di coniugare le contraddizioni da cui si sente contaminato.

Questo passaggio è gestito intrecciando scene, immagini, suoni e vere e proprie allucinazioni per suggerire la parabola dell’angoscia nel protagonista che culmina lasciandolo, infine, inerme a terra, ignorato dai passanti. Il finale tuttavia, redime ogni contrasto e lascia impresso nello spettatore il calore di un atto di conforto.

 

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Marco riceve una telefonata da sua madre, ma ha fretta di riattaccare, perché è seduto in una sala d’attesa e a momenti inizierà il suo colloquio con un produttore famoso.

Immerso nell’atmosfera seriosa di occasioni formali come quella Marco appare un po’ goffo, ma ogni traccia di impaccio svanisce, quando ha finalmente occasione di entrare nel suo elemento e di parlare di quello che ama: il cinema. L’argomento lo riscuote e lo rinvigorisce: lì non ha incertezze, perché quello è il lavoro che ama. Marco, infatti, è un giovane regista, diplomato da soli due anni, durante i quali ha lavorato instancabilmente a molti progetti, riscontrando anche un discreto successo.

Il punto forte dei suoi lavori non sta tanto in un grande budget, ma nella creatività e nell’originalità delle storie che ha messo su schermo. Il colloquio ha inizio e Marco descrive il suo percorso, parla di tutto ciò che ha realizzato e di quello che spera di poter produrre in futuro. L’entusiasmo con cui argomenta tutto questo, tuttavia, si spegne pian piano, quando realizza che l’esposizione dei suoi sforzi lavorativi, riscuote un’accoglienza tiepida nell’uomo che siede dietro la scrivania.

Marco non ha le carte in regola per passare al livello successivo e ottenere l’attenzione di una grande produzione: non proviene dall’ambiente giusto, non ha le conoscenze né le parentele necessarie; insomma, non può sperare di essere preso in considerazione in un ambiente in cui il discrimine tra chi emerge e chi no non è il talento.

Nemo Propheta è una critica esplicita e senza peli sulla lingua nei confronti di un sistema malfunzionante, incapace di investire sul futuro e sulle capacità di coloro che non hanno la fortuna di avere un posto riservato, nel mondo.

Il dramma e il paradosso di questo racconto si consuma in un brevissimo episodio ed è affidato interamente alla recitazione degli attori, che nello spazio del colloquio di lavoro riescono a trasmettere l’entusiasmo smorzato e la rassegnazione, da un lato, e l’indifferenza e la venalità, dall’altro.

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