Martino è un ragazzo che vive in un brutto quartiere, tra spaccio, piccoli furti e scontri violenti. Per poter supportare la sua famiglia è obbligato a mettersi su una cattiva strada, fin quando voltarsi per tornare sui propri passi non diventa una prospettiva impossibile. Solo i privilegiati hanno possibilità di scelta.
Il padre di Martino viene arrestato quando lui è soltanto un bambino, sua madre accetta lavori umili per mantenere la famiglia e il ragazzo cresce con la convinzione che per poter sopravvivere non può fare altro che adeguarsi a un ambiente spietato, in cui le regole della società civile vengono meno. In questo ambiente il codice di comportamento cambia di segno ed emerge una società nella società: quella della strada.
Ad ascoltare questa storia è lo psicologo del ragazzo, un uomo che all’inizio non riesce a pronunciare una parola senza scontrarsi con la diffidenza di Martino, mascherata da spavalderia. Eppure Martino si racconta e lo fa ritraendosi a tinte crude, pur insistendo di essere un bravo ragazzo.
Martino sostiene di non avere scelta, che non esista un modo per cambiare il tragitto che ormai ha imboccato. Ma quando, spinto dallo psicologo, volge lo sguardo alla destinazione – meglio ancora, la deriva – di quel percorso, realizza quanto questo genere di strada conduca matematicamente a un unico esito: passare il testimone della propria sofferenza, mettere qualcun altro, dopo di sé, sulla stessa strada obbligata in cui mano a mano il futuro viene reciso un sogno alla volta.
La rivelazione finale viene affidata a un montaggio ragionato che attraverso l’espediente del flashback, inserito due volte all’interno del corto, permette di far saltare il punto di vista da una prospettiva a un’altra, dal passato al futuro.