SorrisoDiverso

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Alice è una giovane donna che vive felice e serena insieme alla sua compagna Andrea. Alle due manca soltanto una cosa, avere un figlio. Dopo diversi tentativi con la fecondazione artificiale, arriva per Alice la gioia di essere rimasta incinta. Purtroppo però, sarà un altro terribile evento a cambiare per sempre le loro vite, mettendole a dura prova.

Alice però è una donna determinata e per superare il tragico evento, saprà mettere in gioco tutta la sua forza, supportata dalla sua compagna e dalla sua famiglia.

Il cortometraggio tiene insieme, intrecciando sapientemente, senza mai essere banale, diverse tematiche di grandissima attualità come l’ansia e la sofferenza delle coppie alla ricerca di un figlio, il dolore della perdita, la violenza, l’omofobia, la difficoltà nell’accettazione della diversità. Ma la storia di Alice mostra allo stesso tempo che non c’è dolore che non possa essere superato, così come non c’è ferita che non si possa rimarginare grazie all’amore e alla forza di volontà.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Valutazione attuale: 5 / 5

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La pellicola ripercorre i luoghi e la storia di Rosario Livatino, il “giudice ragazzino”, come era stato definito per la sua giovane età, ucciso nel 1990 dalla mafia mentre si recava a lavoro al Tribunale di Agrigento.

Essere “la legge in una terra senza Stato o lo Stato in una terra senza legge” era stata la sua missione, segnata da un’infaticabile ricerca della verità che gli è costata la vita. Negli anni Novanta infatti, la mafia puntava a colpire lo Stato nella sua interezza, attaccandone le fondamenta, istillando la paura ed uccidendo chi stava dedicando la propria vita ad estirpare il fenomeno criminale più pervasivo che il nostro Paese abbia mai visto. La mafia è infatti in primo luogo un’enorme organizzazione economica che muove oltre 110 miliardi l’anno, ma anche un comportamento, un habitus acquisito ed incorporato dalle persone, fatto di omertà, onore, rispetto, riservatezza e complicità. Sono proprio questi valori che fungono da “cinghia di trasmissione” per un sistema che si riproduce e si cementifica da secoli, rendendo ancora più ardua la missione di chi vi si oppone che spesso non trova un contesto culturale solidale.

Il cortometraggio, sempre di grandissima attualità, vuole essere un omaggio alla memoria del giudice Livatino così come a quella di tutte le migliaia di vittime della mafia. Uomini, donne e bambini che troppo spesso finiscono per essere dimenticati.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Il silenzio regna nella vita della famiglia protagonista del cortometraggio, dove un padre padrone obbliga la moglie e le figlie a non proferire parola e a vivere nella completa devozione religiosa

Secondo diverse forme integraliste di religiosità, il silenzio fa sentire il devoto più vicino al divino; è per definizione indeterminazione, illimitatezza, evoca e non turba il sacro con la vanità di parole che rivendicano la presenza umana sulla Terra, allontanando l’uomo da Dio. Il silenzio sarebbe dunque un mezzo indispensabile che toglie dall’esistenza quanto l’appesantisce, vale a dire ciò che ostacola la vita spirituale o interiore, e che dunque costituisce un ostacolo per la preghiera. Il silenzio è ripiegamento interiore che si oppone alla superficiale esteriorità. E questo l’austerità della pellicola, con i suoi colori e le inquadrature severe, lo evidenzia perfettamente.

Quello che il cortometraggio mette in scena è il dramma di chi è vittima di imposizioni assurde ed è costretto a vivere in condizioni di radicale privazione. Ma Hush non è solo la storia di una vita vissuta in religioso silenzio, ma soprattutto quella di una quieta ma rivoluzionaria resistenza di chi rivendica a qualsiasi costo il proprio diritto alla felicità.