SorrisoDiverso

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L'approccio dell'autore di BRÉTEMA è guidato dal massimo rispetto, il suo sguardo parte da lontano e, quadro dopo quadro, si avvicina al microcosmo della comunità penetrando al suo interno, finché la luce non viene spenta (assieme alla narrazione) da uno degli stessi protagonisti. Gema Míguez lascia parlare i gesti, i lavori, l'interazione con la natura. Così, indagandola alla giusta distanza, sa restituire lo spirito della comunità stessa: l'auspicio di una perfetta integrazione tra l'uomo e il suo ambiente, tra muro e roccia, fuoco e farina, artificiale a naturale, senza che un elemento abbia il sopravvento sugli altri ma orbiti sempre dentro una fragile e potente armonia.

 

 

 

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AU applica quelli che sono i fondamenti del buon documentario: mettersi da parte, dietro una quinta, e lasciar parlare i protagonisti e gli ambienti, senza spiegarli né tanto meno commentarli (al massimo, qualche inserto musicale che funge – anche – da stacco e respiro), tanto nei luoghi e negli incontri pubblici quanto nel privato e nell'intimità. Il compito dell'autore si limita quindi alla semplice e preziosa creazione di corrispondenze, di pause e accelerazioni, fughe di senso e rime con l'altro, così lontano – raggiungibile solo telefonicamente – eppure intimamente vicino. Nella frase della madre di Tima, il senso del film: “È così” (“Sic est”, verrebbe da dire mutuando il titolo di un altro documentario in concorso). Punto.

 

 

 

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“Ölümlü Dünya” in italiano si può tradurre come “Mondo Mortale”. Appropriato, in teoria, per un film che ha per protagonisti i membri di una famiglia di killer professionisti. Molto meno nella specie, dato che si tratta di un film irresistibilmente comico. Di una deliziosa comicità surreale, “nonsense”. Fatta di gag fisiche e di gag verbali. Il riferimento ideale è all’inimitabile cinema dei fratelli Marx. Degli inseguimenti e degli omicidi in stile slapstick. Delle situazioni di comico imbarazzo, come nella scena da antologia della famiglia al completo che si presenta, in estate, in abiti da settimana bianca a casa dei genitori della promessa sposa di uno dei rampolli e si ingolfa nel corridoio di ingresso. Con una citazione omaggio di quella mitica di “Una Notte all’Opera” dei Fratelli Marx, in cui 13 persone si aggrovigliano entrando mano a mano tutti in una minuscola cabina navale da 2 persone. Ali Atay è alla sua seconda regia, ma si è già assicurata la primazia nella commedia turca, con un film originale e un po’ folle che inaugura, speriamo, un nuovo filone tutto da gustare. 

Curiosità: per questo film Feyyaz Yigit, per il ruolo di Serbest, ha ricevuto il premio per miglior attore non protagonista al Sadri Alisik Theatre and Cinema Awards 2018, e Ali Atay ha ottenuto la nomination al premio per miglior regista al Golden Palm Awards 2018.