Recensione: Cento Ore
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Dopo aver offerto al pubblico di TSN, nel corso della scorsa edizione, il densissimo Come in Certi Romanzi Russi, Rosanna Reccia ritorna a presentare Cento Ore, diretto insieme ad Alberto Vianello con cui instaura una storica collaborazione che ha dato già origine a numerosi cortometraggi. Con una fotografia in bianco e nero e con un montaggio, entrambi a cura dello stesso Alberto Vianello, che combina in ordine alternato le cento ore di una quarantena, i due autori compongono una narrazione scandita, avvincente e capace creare e sostenere un consistente clima di tensione. Cosa ancora più degna di nota, il passato e il presente sono in grado di dialogare fra loro, di suggerire una doppia chiave di lettura che oscilla tra il sospetto e il fraintendimento e che resta in sospensione fino a poco prima del finale.
Viola, la protagonista interpretata dalla stessa Rosanna Reccia, si sveglia di soprassalto in un magazzino; con lei c’è Ivan, impersonato da Fabrizio Pinzauti, il collega che afferma di averla salvata. Quando è suonata la sirena d’emergenza, le racconta, lei ha perso i sensi e il resto dei colleghi si è dato alla fuga. Temendo che morisse calpestata o raggiunta dalla nube tossica, l’ha presa e portata con sé in un luogo sicuro. Lo spettatore si vede calato in un futuro non troppo lontano, in cui circolano nubi tossiche che costringono gli esseri umani a lunghi periodi di reclusione. Stavolta la quarantena si annuncia più lunga del previsto: cento ore. Viola non è convinta. Il tentativo di riparare la radio e trovare conferma del racconto di Ivan non porta a nulla. Consapevole dell’attrazione dell’uomo nei suoi confronti, teme che possa essere stata ingannata e reclusa con fini torbidi dal suo presunto salvatore. Nella solitudine della quarantena, assillata dai suoi timori, cede all’angoscia e reagisce d’impulso. Il cortometraggio riserva un inaspettato colpo di scena finale, matrice di una considerazione perspicace.
Nel grigiore delle giornate funestate dalle conseguenze di un inquinamento incontrollato, rappresentato visivamente dalla scelta di realizzare il corto in bianco e nero, si innesta una bellissima sequenza a colori che mostra le immagini di una natura perduta. Un dettaglio che è una boccata di ossigeno e che dissipa, per un istante, l’inquietudine.
Rosanna Reccia e Alberto Vianello con Cento Ore portano sullo schermo una storia che allude senza dubbio all’emergenza ambientale e al cambiamento climatico, ma che, ancora di più, affronta il tema della fiducia e del ruolo giocato dal senso di comunità nella risposta alle crisi di qualsiasi genere.