Un cortometraggio che vede Cyro Rossi alla regia, ma anche nelle vesti di interprete di uno dei personaggi della storia, e la presenza importante di Flora Vona che ne è produttrice, attrice protagonista e soggettista. Una collaborazione fortunata, quella di queste due figure che si spendono in così tanti ruoli nella realizzazione del cortometraggio. Il risultato è una nitida incursione nella vita della protagonista, un’esplorazione acuta, capace di carpire dal quotidiano dei profondi tratti di umanità, ma allo stesso tempo l’occhio della cinepresa si dimostra anche in grado di rimanere al di qua della vista e di lasciare spazio al personaggio, perché sia lei, da sola, a perorare la sua causa.
Daniela è un’insegnante delle elementari. Ogni giorno cerca di coniugare il suo lavoro, il ruolo di mamma single di Riccardo e la sua passione per il canto che concretizza esibendosi in qualche locale. Il suo desiderio di rivendicare ciascuno di questi lati di sé le mette contro le madri dei suoi alunni e il preside, risentito per il rifiuto ricevuto quanto l’ha invitata a cena. Tutti sembrano voler incalzare Daniela a fare una scelta, ridimensionare le sue aspettative. La richiamano al buon senso e a inquadrarsi, una volta per tutte, in una categoria riconoscibile: o madre o lavoratrice, o seria o artista, o morigerata oppure, se non lo è, vuol dire che si offre.
Forte e significativa è la scena in cui Daniela parla al telefono con sua madre. L’amore non sempre mostra la strada per la comprensione e forse è quello il più difficile banco di prova per la protagonista, quello che rischia per un istante di mettere a repentaglio la tenacia con cui fino a quel momento ha difeso la sua identità.
Daniela, con il suo rossetto e i suoi vestiti appariscenti è una macchia di colore nel cuore di un mondo rappresentato con una fotografia fredda, un nucleo caldo che forse allude allo stesso “caldo buono” che suo figlio cita quando recita la poesia di Ungaretti. In questo contrasto tra l’essere umano che lotta per affermare il diritto di conservare tutte le sue connotazioni e l’arida ipocrisia di un mondo che gliele nega, risiede l’unico caso in cui il valore disgiuntivo diventa accettabile.