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Tulipani di Seta Nera sezione cortometraggi critiche di Massimo Nardin

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Respira di Lele Nucera

Respira LocandinaCon “Respira” Lele Nucera – già finalista del nostro Festival con “Maramandra” tre anni fa – dimostra non solo pieno controllo del racconto e della messa in immagini, ma il merito di aver calato il proprio cortometraggio dentro il tessuto in cui egli quotidianamente opera (anche attraverso la scuola cinematografica da lui fondata e diretta): la Locride, che qui diventa protagonista all'ennesima potenza, con le proprie architetture, le location naturali, gli attori e le comparse reclutati tutti in loco grazie a un imponente casting tecnico-artistico che ha coinvolto (e formato) quasi mezzo migliaio di autoctoni. Persone che, a loro volta, si sono immediatamente sentite parte integrante di un progetto strategico e lungimirante. “Respira” acquista così i caratteri di un “meta-film”, ci parla del suo piccolo protagonista e, nel contempo, della comunità reale da cui egli proviene e alla quale il regista guarda con tenace speranza e incrollabile fiducia.

 

The Hole di Angelo Frezza

The Hole LocandinaAngelo Frezza vanta un'ampia esperienza cinematografica, come autore e come produttore. Dopo la convincente prova di “Nero su bianco”, presentato l'anno scorso al nostro Festival, conferma con “The Hole” tutta la propria maturità narrativa e di sguardo. Per ottimizzare la produzione e garantire all'opera la massima pregnanza, egli ha scelto una location unica e due protagonisti soltanto (cui nel finale si aggiungono, rispettivamente, la stanza e la ragazza). Conscio della sua importanza, Frezza ha curato molto il sonoro, con modulazioni che rimandano agli abissi dello spazio e della coscienza e la complicità della corposa e magnetica voce di Ludovico Fremont. Infine, rinnovando la scelta felice di Adolfo Margiotta per “Nero su bianco”, Frezza ha voluto anche qui (per il ruolo del coprotagonista) un attore comico: Ninì Salerno, una delle sorprese più gradite dell'opera. Cui Salerno regala una gamma di registri drammatici che solo un attore che si è sempre confrontato con l'ironia e l'assurdo può offrire. In sede di presentazione, il regista ha rivelato al pubblico che la storia è la trasfigurazione di un fondamentale tassello della sua vita. E così la “necessaria verità” dei contenuti dell'opera è emersa in tutta la propria limpidezza. Sì, perché è quando si sa (o si ha presente, o semplicemente si teme) di dover lasciare questo mondo, che si anela a una pace interiore e dunque ci si domanda se si è stati – davvero e fino in fondo – delle buone persone.

 

Zagara di Martina Bonfiglio

Zagara LOCANDINALa roveretana Martina Bonfiglio, appena diplomata, s'è trasferita a studiare sceneggiatura a Roma (la medesima aspirazione della protagonista di “Zagara”); un paio d'anni dopo, ha girato il proprio cortometraggio in Sicilia. All'epoca delle riprese, quindi, aveva soltanto ventun anni, ma lasciava intravedere già la maturità artistica di un autore navigato. “Zagara”, infatti, se da un lato denuncia gli inevitabili limiti e le disomogeneità di un'opera d'esordio, dall'altro manifesta un'encomiabile padronanza del mezzo cinematografico, che si concretizza in un disinvolto impiego del piano-sequenza e in punti di vista sempre insoliti e stranianti – penso all'introduzione della figura del padre, “guadagnato” di spalle quando la figlia lo va a salutare, o ai discorsi fuori campo dei familiari mentre Lucia lavora in cucina, momento efficacemente spezzato dal grido, anch'esso fuori campo, lanciato dal padre, alla (impossibile) ricerca del cane «Rudi!». Un coraggio prezioso, quello di Bonfiglio, che ha potuto esprimersi al meglio anche grazie alla meravigliosa protagonista, l'intensa attrice siciliana Marianna Castagna.

 

SEZIONE #SOCIALCLIP

Critiche di Massimo Nardin

 

A San Michele

A San Michele LocandinaDavide Ambrogio, cantante polistrumentista, racconta in “A San Michele” la viscerale rabbia e le domande rimaste senza risposta che un figlio avrebbe voluto rivolgere al proprio padre, assassinato da quella stessa malavita con la quale era colluso. Il grido di dolore trasfigurato nella voce del talentuoso musicista si fa portatore di una terra intera e della sua millenaria storia, quella calabrese. Un brano sorprendente e dal magnetico fascino, capace di riunire nel medesimo istante gli echi ancestrali di una sfaccettata progenie mediterranea e le aperture alle contaminazioni di sonorità contemporanee e internazionali. Come poter raffigurare, quindi, un'opera già di suo completa e multisensoriale, una musica che evoca passo passo immagini di pervasiva potenza? Questo il dilemma cui si è trovato di fronte il regista e disegnatore del videoclip, Alessandro Ferraro. Il quale ha scelto – come spiegato alla platea del Festival “Tulipani di Seta Nera” – la via della sottrazione, una scelta obbligata e parimenti stimolante. Che ha permesso ai segni e alle figure di trasformarsi incessantemente gli uni nelle altre, di muoversi dentro un flusso che collega privato e collettività, mondi arcaici e suggestioni verso il futuro, riuscendo così in un'impresa impossibile, impreziosire ulteriormente un'opera d'eccellenza.

 

Addiction

ADDICTION LocandinaA4Aver selezionato un'opera come “Addiction” dimostra ancora una volta quanto il Festival “Tulipani di Seta Nera” sappia leggere i tempi e guardare oltre. Se il rock dei Måneskin vince Sanremo ed Eurovision, il metal post-progressive dei Myr scuote i tulipani neri con una intelligente folata di energia. Testo in inglese e in pieno stile rock duro, ritmo incalzante e tematiche quali la dipendenza (del titolo), il doppio, la perdita del sé, il riscatto. Adeguatamente omogeneo il video, diretto dallo stesso vulcanico leader del gruppo, Enrico Giannacco, un civitavecchiese che, come nume tutelare apparsogli in sogno, ha niente meno che quel genio sopraffino di Robert Fripp. Il video racconta di una ragazza e del disegno di un personaggio da lei realizzato dentro un'infinità creata senza posa. Il personaggio prende vita, fugge da quella stanzetta-mondo, si unisce ai suoi simili per poi distanziarsi, elevarsi sopra la moltitudine e vederla dall'alto. Il cerchio si chiude, per aprirsi con il confronto, improcrastinabile e conclusivo, con la propria stessa creatrice, dalle cui labbra escono le ultime parole della canzone.

 

Cavalleggeri è New York nella testa di Laura

Cavalleggeri e New York nella testa di Laura locandinaAvvicinare la meravigliosa voce di Tommaso Primo a quella del suo conterraneo – compianto e immortale – Pino Daniele è meno scontato di quel che sembra. Perché infatti si parla di “avvicinamento”, accostamento che avviene però nella distinzione sostanziale, nella misura in cui Primo va oltre il dono che le sue corde vocali gli hanno fatto, reinterpreta nella chiave più personale le sonorità non soltanto di Daniele, ma della terra e della tradizione che li uniscono. Ed è così che la profonda leggerezza della sua canzone, il lucido spaccato di un microcosmo (il rione Cavalleggeri) che dalle prime note si fa universale (la Grande Mela), trova il perfetto corrispettivo nel piccolo capolavoro realizzato dal regista del videoclip, Matteo Florio. Il quale sceglie la (scivolosa e ormai abusata) strada dell'unico piano-sequenza per raccontare la storia di Laura, ragazza madre sospesa – dentro la propria piccola abitazione – tra un lavoro degradante e l'amore per il figlioletto. Florio dimostra la rara capacità di unire la chiarezza alla densità: nell'unica inquadratura che costituisce il suo corto, nessun tempo morto, nessuna divagazione gratuita, tutto appare concentrato e focalizzato e, pure, autentico, come gli ambienti e la protagonista, un volto che regala una naturale, intensa e – come la ripresa – ininterrotta transizione nel più ampio ventaglio emozionale.

 

Con Sam (Chi Siamo)

Con Sam LocandinaUna produzione scolastica rischia spesso di essere segnata dalle esigenze comunicative e organizzative del momento e di risultare, quindi, sostanzialmente autoreferenziale e didascalica. L'opposto accade invece in questo mirabile videoclip, che porta alla ribalta il dolore e la caleidoscopica ricchezza espressiva della cultura rom, coinvolgendo proprio i suoi ragazzi ed artisti e facendoli “agire-con” un'intera comunità. Che è quella lombarda, paradigma di multiculturalità qui impreziosito da collaborazioni artistiche eccellenti. E così un'operazione di lodevole sensibilità e lungimiranza potenzia al massimo la carica comunicativa del brano musicale. Il “canto etnico” si fa “brano universale”, la memoria acquista quel riconoscimento collettivo che la rende base imprescindibile per un futuro di pace.

 

La Diversità

ladiversità locandinaUna coppia di affiatati disegnatori riesce a regalare l'interpretazione migliore alla canzone di Massimo Lazzeri, trentino come uno dei due animatori, Marco Raffaelli. “La diversità”, nel testo, nella parte musicale e ancor più nel videoclip, è un inno alla “fecondità della semplicità”. Perché, a ben guardare, “il re è sempre nudo”, basta un segno “+” rosso, in mezzo a figure nere stilizzate e animate, per indicarci la nefasta banalità dei muri, dei pregiudizi, dell'odio. Raffaelli ed Elena Sorrentino sanno bene che la semplicità è il punto d'approdo di un lavoro lungo e complesso. Un approdo che parte però da uno sguardo prezioso, perché capace, con la propria innocente trasparenza, di vedere il muro e il mondo che dietro si apre.

 

 

Perdere Tutto

Perdere Tutto locandinaCome dichiarato dallo stesso cantautore, il video prende le mosse da un suo incubo. Un incubo premonitore (della pandemia) e nel contempo vivificante, proprio perché stimolo per dare voce e fiamme ad una perdita potenzialmente totale. Il regista Daniele Barbiero ha saputo creare un vero e proprio piccolo film, in cui protagonista è la barriera tra l'artista e la comunità che si agita fuori, capeggiata dall'amata. Una barriera fisicamente invalicabile ma in realtà ampiamente superata dalle note e dal montaggio.