SorrisoDiverso

Recensione: L’Affitto

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Nel cortometraggio la regia di Antonio Miorin, ben saldata alla scrittura di Iole Masucci, delinea una struttura narrativa elegante, dove i dialoghi rarefatti fanno capolino nel contesto di spazi più ampi, affidati ai gesti, alle espressioni del volto, all’irregolarità dei respiri e ai silenzi.

Su questa falsariga, una punta di colore anima i fondali di tonalità neutra – un tema che pare irradiarsi a partire dal quadro presente nelle prime inquadrature ed estendersi fino all’ultimo fotogramma. Questa guida cromatica nel labirinto dell’inespresso, discreta ma presente – quasi divisiva – comunica con efficacia l’alternanza tra un elemento riconoscibile e un contesto indistinto, che sfugge alle interpretazioni e resta ignoto fino alla fine. Lo stesso vale per l’episodio messo in scena nel cortometraggio: una tappa, lì dove il resto del percorso è sconosciuto.

La storia è quella di Angela e Luca, una coppia che attraversa un momento di difficoltà e infine si decide per una soluzione che pure desta ancora forti dubbi in entrambi. Salgono comunque sull’aereo che li porta verso un’ignota meta all’estero. Da lì, si recano quindi a discutere con un intermediario del contratto di affitto che si apprestano a concludere. Al momento della firma, incontrano la proprietaria e viene chiarito il vero senso di questo accordo.

Luisa Ranieri e Yuliya Mayarchuk regalano allo spettatore un’interpretazione intensa delle due donne su cui si chiude il cortometraggio. Il sorriso che le due si scambiano è il cuore di questa storia, il vero elemento che scioglie il confine di ogni contrasto – cromatico, verbale e contestuale – una connotazione umana universale che non è la curva del ventre materno, ma proprio quella del sorriso. Un gesto che travalica le divisioni e conferisce a tutti gli esseri umani il loro vero e più distintivo tratto naturale. Vincitore dei premi ‘Miglior Sorriso Nascente’ 2021 e ‘Miglior Fotografia’ 2021, L’Affitto è un’opera di esordio che stupisce per il suo sguardo discreto e umano e per la sua narrazione sobria ma emotiva.