SorrisoDiverso

Recensione: Capolinea

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Un Cortometraggio frenetico e coinvolgente, dove a scandire il ritmo è il traffico romano, con le frenate improvvise, gli ingorghi, gli incidenti scansati per un soffio. Saverio Deodato è presente in quasi tutti gli ingranaggi della realizzazione di Capolinea: ne cura regia, scrittura e produzione, per di più è anche l’interprete del protagonista del corto, ruolo per il quale gli viene conferito il riconoscimento come “Miglior Attore” 2021. Una prova che rivela una formidabile capacità di orbitare attorno alla macchina da presa e un talento eclettico per il racconto portato sullo schermo.

Il protagonista del cortometraggio è un tassista alle prese col traffico della capitale. Il monologo con cui si rivolge al passeggero è il sostegno solidissimo di tutte le scene del corto – una riflessione che tocca argomenti disparati, dalla famiglia, al lavoro, alle avventure extraconiugali, all’amore verso la propria città. Il linguaggio con cui il protagonista si svela è diretto, nudo e finanche comico. Con la sua verve trascinante, salta di palo in frasca e ricava dal corso della sua vita scampoli di esperienza che contempla con sentimento dolceamaro mentre li offre all’ascoltatore.

Il viaggio del tassista corre su due piste: in parte sull’asfalto e in parte sul percorso della vita. Un tragitto che include episodi alterni, imprevisti, estemporanei moti d’ira verso il prossimo, a ragione o a torto. Il viaggio è così proiettato sulla meta che diventa un lavoro, una corsa a ostacoli in cui lo sguardo si posa su quello che c’è intorno molto di rado e quasi per caso. Allora il tempo rallenta e assume un significato del tutto diverso. Ma nel momento stesso in cui appare il lampo di una nuova consapevolezza, il viaggio è terminato e si è giunti al capolinea.

Senza il bisogno di ricorrere a pretesti di trama articolati, Saverio Deodato riesce a estrapolare la rosa dei significati del cortometraggio dall’abitacolo di un’automobile, collocando una riflessione profonda in uno spazio familiare. Il suo corto invita lo spettatore a viaggiare non soltanto con il corpo, ma imparare a farlo con lo sguardo e ad accorgersi del resto del mondo fuori dal finestrino.