SorrisoDiverso

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Due volte ci racconta come, per combattere la violenza sulle donne e I fenomeni di bullismo, sia necessario passare per un’educazione all’identità di genere, introducendo a una interessante riflessione: che siano gli stereotipi di genere a contribuire al maschilismo, all’omofobia e alla violenza.

Il protagonista ha diciassette anni, è fragile e insicuro. Per essere amato e accettato è disposto a tutto: a rinnegare sé stesso, ma soprattutto a fare e farsi del male.

Il corto, attraverso il suo vissuto, ci mostra la forza degli stereotipi, il peso che hanno sulla società.

La pressione di una comunità, strutturata per tenere ben distinti il mondo femminile e quello maschile, voluta perché uomini e donne possano interagire solo entro canoni stabiliti e convenzioni, si risolve nel senso di colpa, nel reiterato tentativo di soffocare ogni forma di deviazione dalla norma prestabilita.

Due volte è una denuncia, ma anche il seme di una speranza, di una seconda possibilità grazie alla  quale è possibile riflettere dolorosamente sul presente e superare i limiti imposti da ideali e pensieri anacronistici e arcaici. Per evolversi e restare umani. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Valutazione attuale: 5 / 5

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In alcuni casi la violenza di genere può essere identificata come una mancata emancipazione culturale degli uomini che non accettano la volontà di autodeterminazione della donna? Questo corto pone molti quesiti, ma di sicuro resta una denuncia contro la pedofilia e un messaggio per le vittime combattute tra vendetta e perdono.

La tematica al centro della pellicola è coraggiosa, difficile e trattata con grande pudore: il racconto segue la storia di una figlia che da bambina ha subito abusi sessuali dal padre, del quale si mette alla ricerca dopo tanti anni, ritrovandolo in un letto d’ospedale.

Si può perdonare? Si può smettere di soffrire? Sono queste le domande che fanno da filo conduttore durante tutta la durata del cortometraggio. Un corto realizzato con l’obbiettivo di dar voce a tutte quelle vittime che non hanno potuto o voluto denunciare, con la speranza che possa indurre a riflettere e che possa essere socialmente utile a comprendere la stratificata complessità di emozioni e sentimenti che una simile situazione può produrre.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Una storia raccontata non tanto per parlare della sindrome di Down come patologia, ma per disinnescare alcuni abusati cliché, che esistono perché non si sa o non si desidera conoscere un tema di questa portata. Una partecipazione cosciente, difficile o improbabile quando non si è coinvolti in prima persona con la mente e con il cuore, viene qui alimentata dal contatto diretto, da cui scaturisce l’empatia.
Un venticinquenne, appesantito da mille problemi quotidiani, trova casualmente il confronto con un suo opposto: una bambina, innocente e con una visione del mondo tutta da scoprire. Il tono della storia è naturale e scanzonato e la dinamica tra questi due caratteri diversi, che vanno a scontrarsi, è tra le più classiche, divertenti e meglio riuscite: lui che cambia grazie a lei.