In questi anni l’Italia si è fatta onore nei luoghi geografici più sfortunati del nostro tempo, affermando una logica della solidarietà, che si contrappone alla “globalizzazione dell’indifferenza” tante volte citata e stigmatizzata da Papa Francesco. La definizione di questo concetto riguarda una parte della società civile della quale si prende coscienza solo in occasione di vicende tragiche e luttuose, come il recente incidente del Boeing 737 che è costato la vita a 157 persone.
Tra le vittime figurano, infatti, numerosi operatori umanitari di varie nazionalità. A distinguersi, tra gli italiani: Sebastiano Tuso, Assessore alla cultura della regione Sicilia e archeologo. l’Unesco l’aveva invitato come relatore per discutere sulle prospettive dell’archeologia marina in Italia e in Kenia; Carlo Spini, medico, era impegnato da anni in molti progetti umanitari in Africa, per conto della ong Africa Tremila di cui era presidente. Aveva di recente organizzato una colletta a Sansepolcro per reperire fondi con cui aiutare le popolazioni africane. Dopo essere andato in pensione, Spini si era dedicato ad organizzare attività umanitarie. In passato aveva avuto incarichi nello stesso ambito dal governo dell’Etiopia. Insieme a lui viaggiava la moglie Gabriella Viggiani, impegnata come infermiera volontaria per l’ong Africa Tremila. La coppia aveva quattro figli e abitava in Toscana, ma trascorreva lunghi periodi dell’anno in Africa. Con loro c’era Matteo Ravasio, commercialista bergamasco tesoriere della onlus Africa Tremila, dopo la tappa a Nairobi con Spini e Viggiani, avrebbe dovuto raggiungere il Sud del Sudan per completare l’installazione di strumentazioni e di macchinari in una nuova struttura sanitaria, la cui inaugurazione era stata prevista per la fine di marzo. Anche Paolo Dieci, della Ong Link2007 e del Comitato Internazionale per lo Sviluppo dei Popoli (Cisp), non era nuovo al volo sulla linea Addis Abeba-Nairobi, a causa dei numerosi progetti a cui aveva partecipato nel corso degli anni. Figura che ha dedicato tutta la sua vita alla cooperazione internazionale, era riuscito a portare il suo impegno e le sue competenze anche in contesti di crisi, soprattutto in Africa e America Latina. In questo desolante panorama di perdite non mancano giovani dediti all’impegno sociale e umanitario: Maria Pilar Buzzetti, laureata con il massimo dei voti in “Relazioni internazionali, scienze politiche e governo”, che aveva svolto volontariato con Medici senza Frontiere e successivamente cominciato la sua avventura per le Nazioni Unite e il World Food Program; Virginia Chimenti, laureata in Economia internazionale e anche lei impegnata nel World Food Program nel 2017, che aveva anche partecipato a campagne di volontariato della onlus italiana Twins International, un’organizzazione che da oltre dieci anni sviluppa progetti per sostenere bambini orfani e nelle baraccopoli in Kenia. Non ultima Rosmary Mumbi, Zambiana con passaporto italiano, da pochi mesi impiegata nella sede della Fao di Roma.
È difficile dare un senso al cessare improvviso e inaspettato di una vita umana, così come lo è celebrare ogni tragedia, da una parte all’altra del globo, cercando di vincere la globalizzazione dell’indifferenza. Vogliamo quindi che nell’andare ai nostri connazionali e alle loro famiglie il nostro pensiero abbracci la memoria di tutti coloro che hanno dedicato sé stessi agli altri.
La loro perdita è un simbolo di sacrificio, una speranza per chi ne raccoglierà il testimone, nella piena consapevolezza che la vita umana rimanga, pur spesso nell’impenetrabilità del suo mistero, una possibilità per dare valore a quella altrui.