SorrisoDiverso

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Cortometraggio dalla brevissima durata, scritto e diretto da Fabio Leone, montato e post prodotto da Antonella Barbera, Temporama sviluppa una riflessione sulla vita e sul tempo, sostenuta dalla voce fuori campo di Alessia Sorbello e dalle riprese che colgono il passaggio dell’unica protagonista, interpretata da Chiara Amorelli, attraverso vasti fondali naturali. Il taglio del cortometraggio è introspettivo e le scene che si avvicendano nel corso dell’opera non esprimono l’evoluzione di una trama lineare, ma ricalcano la variazione degli stati d’animo della protagonista, i suoi dubbi e i lampi di consapevolezza, man mano che la sua riflessione evolve.

La protagonista ha paura di dimenticare chi è. Il tempo è un vortice all’interno del quale tutte le cose nascono, si consumano e si replicano. La vita si ramifica, riflette la protagonista, e si rinnova in un flusso inarrestabile in cui i ricordi rappresentano il tentativo di trattenere l’identità, di non disperderla nel corso del tempo che estingue, inevitabilmente, tutti gli individui ma perpetra, allo stesso modo, l’umanità. Il percorso del pensiero della protagonista parte dal suo timore di svanire insieme ai suoi ricordi, ma approda a un sentimento diverso, non appena il suo ragionamento la porta a cogliere un quadro d’insieme più ampio, che ispira sentimenti di sollievo e di fiducia.

In soli tre minuti, gli scenari catturati dalla macchina da presa trasmettono l’energia di una natura positiva, non sgretolata ma plasmata dal tempo. Gli autori affidano il senso profondo del cortometraggio al monologo espresso dalla protagonista e alle suggestioni delle immagini che si avvicendano, lasciando allo spettatore una riflessione profonda ma espressa con un linguaggio accessibile.

Fabio Leone e Antonella Barbera concepiscono un’opera breve, positiva e capace di connettere lo spettatore con qualcosa di più grande, pur ricordando il valore dell’individuo e della sua esperienza. La fotografia, alternatamente calda e fredda, segna il cambio delle atmosfere e dei pensieri, mentre l’espressione assorta della protagonista, insieme ai momenti in cui esprime vitalità, contribuiscono a sottolineare le evoluzioni del cortometraggio, sconfinante, a tratti, in un’impostazione onirica.

 

 

 

 

 

 

 

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Tempi Morti è diretto da Damiano Monaco e Lucio Lionello ed è scritto da ben quattro autori: Gabriele Monaco, Damiano Monaco, Lucio Lionello e Simone Gigiaro. Opera coinvolgente, connotata da un’ironia da commedia nera, il cortometraggio è quasi interamente ambientato all’interno di un cimitero e l’idea della sepoltura – in più di un senso – è presentissima per tutta la durata dell’opera. Attraverso l’accostamento di due linee temporali separate da più di vent’anni, Tempi Morti parla del dialogo tra il passato e il presente e soprattutto dei suoi testimoni. Gli autori dell’opera mettono in campo una capacità di rapportare con un equilibrio l’umorismo ad argomenti seri e importanti e portano sullo schermo una storia vera, corredata da un’incredibile testimonianza finale.

Due donne sono dirette al cimitero per far visita alla tomba del marito di una delle due. Mentre la vedova cambia i fiori, chiede all’amica di prenderle dell’acqua. Nel tragitto la donna fa una scoperta sconvolgente. C’è una seconda tomba dedicata al marito della vedova. Il nome è lo stesso, la data di nascita anche, ma una sepoltura risale al 1951, mentre l’altra al 1979. Anche la foto corrisponde. Sembra proprio che Michele Casarza sia stato seppellito due volte. Mentre la vedova cerca di liquidare la questione, la sua amica prende a cuore il mistero, interpella due becchini che, a loro volta, si rivolgono al dotto professore, l’unico che forse è in grado di risalire alla verità. In effetti qualcosa riesce a chiarirla, il professore. Michele Casarza era stato un Internato Militare Italiano, durante la Seconda Guerra Mondiale.

Tutti i personaggi, dalla coppia di becchini, interpretati da Jurij Ferrini e Andrea Nicolini, alla vedova e la sua amica, impersonate da Anna Bonasso e Paola D’Acquila, per arrivare al professore, Roberto Accornero, vengono perfettamente caratterizzati dagli attori e danno vita a numerose scene esilaranti, scaturite spesso dai loro fondamentali contrasti. Di taglio più drammatico, l’interpretazione resa da Lorenzo Demaria, nel ruolo di Michele, Michela Di Martino, nel ruolo di sua moglie da giovane e da Gabriele Bocchino che impersona il becchino degli anni Cinquanta.

Un momento importante e denso di significati all’interno del corto è quello del dialogo tra la vedova e il professore, quando la donna gli restituisce il fazzoletto che lui le ha consegnato. Il suo gesto rappresenta un passaggio del testimone: la storia si riconverte in vita cedendo il peso del significato degli eventi ai posteri, assegnando loro il compito di ricordare. In questo modo gli attori di quello che è stato possono concedersi di superare il passato, di ritornare ripristinati, o quasi, alla loro umanità, ma al tempo stesso, la precarietà delle loro storie costituisce un monito, lì dove sempre più raramente queste sopravvivono alla sepoltura dei loro protagonisti.

 

 

 

 

 

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ITA - Scritto e diretto da Susana Ramírez de Arellano, il cortometraggio, attraverso il concatenamento delle scene concepite dall’autrice, delinea un climax di angoscia che culmina nel momento in cui ne viene smascherata la fonte. Questo crescendo viene ricalcato dalla fotografia, dalle musiche, dal trucco sul volto dell’attrice, unica protagonista del cortometraggio. Attraverso questo espediente, l’autrice progetta un percorso che cava dal personaggio il suo non detto, incalzandolo implicitamente con l’imperativo del titolo, finché alla fine la verità di un dolore sepolto non prorompe in un urlo, in una delle scene più belle e intense dell’opera.

Daniela è a casa da sola, immersa in ambienti chiari e luminosi che per certi versi riflettono il suo umore. La sua giornata procede in un’atmosfera di perfetta armonia, finché qualcosa non interviene, di colpo, a turbarla. La serenità di Daniela è artificiale e una nube di oscurità arriva a ricordarglielo, aleggiando attorno a lei, durante momenti diversi della sua giornata, per disseppellire un trauma che non si lascia deporre. Daniela lotta contro i suoi attacchi di panico, cerca di ripristinare la routine, di estrarre degli spunti di gioia da immagini e profumi che dovrebbero suscitare bei ricordi ma che, puntualmente, rimandano a un episodio di violenza. Lentamente le storture vengono a galla, affiorano dalla pelle di Daniela, attraverso ferite sul corpo, tumefazioni sul volto che nessuno strato di trucco può coprire.

Con un gruppo composito, dedicato alla realizzazione degli effetti speciali attraverso due software e coordinato da María De La Iglesias e José Iván Pérez Santander, il cortometraggio si serve di strumenti moderni e suggestioni dalle implicazioni drammatiche per rendere visivamente l’onda di angoscia che a ritmo regolare si innesta nella quiete forzata di Daniela. Le musiche curate da Morgana Acevedo si combinano con il sonoro per sottolineare il passaggio da un clima idilliaco alle atmosfere sinistre con cui evolve il cortometraggio.

L’attrice protagonista, l’intensa Cristina Gallego, si spende in un’interpretazione appassionata che sa rapire il pubblico e comunicargli il senso d’angoscia e di persecuzione del personaggio. Lei stessa cambia il suo aspetto, in particolare il volto, nel corso dell’opera, anche per effetto di un trucco ben realizzato, curato da Francisco Sanz e Ana Zaragoza, che non mimetizza, ma risalta la maschera della protagonista e, nelle ultime scene, la fa cadere definitivamente.

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ENG - Written and directed by Susana Ramírez de Arellano, the short film, through the concatenation of the scenes designed by the author, outlines a climax of anguish that culminates in the moment in which its source is unmasked. This crescendo is highlighted by the cinematography, the music, the sole actress’ makeup. Through this expedient, the author designs a path that extracts from the character her unspoken trauma, implicitly pressing her through the imperative tense of the verb in the title, until at the end the truth of a hidden pain breaks out in a scream, in one of the most beautiful scenes of the work.

Daniela is alone at home, immersed in clear and bright space which, in some ways, reflects her mood. The day goes on, in an atmosphere of perfect harmony, until something intervenes to disturb it. Daniela's serenity is artificial, and a cloud of darkness reminds her of it, hovering around her, in different moments of her day, to exhume her suffering. Daniela fights against her panic attacks, she tries to restore routine, to extract feelings of joy from images and scents that should arouse good memories but which, instead, recalls an episode of violence. Slowly all the distortions come to the surface, emerge from Daniela's skin, through cuts on her body, bruises on her face that no make-up could cover.

With a composite team dedicated to the creation of special effects through two software programs and coordinated by María De La Iglesias and José Iván Pérez Santander, the short film uses modern tools and suggestions with dramatic implications to visually communicate the growth of anguish that bursts into Daniela's forced quiet. The music by Morgana Acevedo is combined with the sound design to highlight the transition from a peaceful atmosphere to the sinister climate with which the short film evolves.

The actress, the intense Cristina Gallego, performs a passionate interpretation that captures the attention of the audience and communicates the character’s sense of persecution. During the development of the work, the audience can see the main character’s transformation through her face, also thanks to the make-up, curated by Francisco Sanz and Ana Zaragoza, which does not camouflage, but portrays the protagonist’s mask and, in the last scenes, lets it definitively fall.