Realizzato in occasione del decimo anniversario della morte di Alda Merini, per farne l’installazione di una mostra alla Milano Art Gallery nel 2020, Io Sono Alda è diretto da Flavia Coffari e scritto da Ugo Cavallo. Gli sforzi congiunti dei due riescono a mettere in scena un ritratto psicologico ed emotivo della poetessa protagonista, attraverso evocazioni oniriche e suggestive metafore visive. Lo sguardo registico di Flavia Coffari tratteggia i contorni di un lucidissimo delirio, necessario a scavalcare le mura del manicomio e la gabbia della parola, per ritrovare la voce poetica in un regno dove viene evocata la dimensione ancestrale del silenzio, del rumore e delle stelle.
Strattonata tra due figure che rappresentano rispettivamente la follia e l’immaginazione, Alda Merini appare allo spettatore come una figura tormentata, colta nel mezzo del suo conflitto. Il suo sguardo traboccante, intelligente e disperato si allunga verso scenari solo sognati che la proiettano in una passeggiata tra la gente in un parco. Braccata da due infermieri, Alda procede adagio, dissemina i suoi averi e i suoi scritti, come fossero fondamentalmente la stessa cosa, tra le persone che incontra per strada – un clochard, una donna che fa jogging, una bambina. Si trascina in un cammino errabondo, solo in apparenza privo di senso, che la conduce, infine, nel luogo in cui per sempre resterà consacrata: nel cuore di un applauso.
Commentato dalle musiche originali di Mirko Boroni, quello compiuto da Alda Merini, nel cortometraggio, è un tragitto che condensa molti significati. È una rappresentazione psicologica che non si tira indietro di fronte alla sfida di mostrare i sintomi della sofferenza e della psicosi, ma che è anche capace di consegnare allo spettatore la rappresentazione di una gioia finale, coronamento di un percorso sofferto: quella dell’amore del pubblico, della realizzazione di un inaspettato contatto con gli altri attraverso il ponte della creatività.
Nella sua brevità, il cortometraggio si pone l’obiettivo ambizioso di portare su schermo gli scorci di un intelletto straordinario e fragile. A sostenere questa impresa c’è Lucia Batassa che con la sua densa interpretazione di un personaggio difficile e ricco di sfaccettature, riesce a mostrare il volto di una donna che cammina quieta e senza incertezze sul confine tra genio e follia.