SorrisoDiverso

Pappo e Bucco, regia di Antonio Losito, critica a cura di Armando Lostaglio

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In Pappo e Bucco c’è Zampanò e Gelsomina e c'è Fellini, c'è Umberto D. e la piccola circense del capolavoro "De eso no se habla" della Bemberg. Il film di Losito è un capolavoro di gioia pur nel dolore e nella caducità del corpo che invecchia: due uomini che restano bambini nella solidarietà e nella piccola nascosta umanità, grazie al loro mestiere che è una missione. Vite concesse agli altri, ai bambini. Vite da clown che nel clown si replicano nella risata di un bambino, e persino la morte non è una sconfitta. La recitazione dei due attori è una lezione di cinema: misurati e attenti, stagliati nel gioco delle luci soffuse, come un crepuscolo. Ogni visione, ogni sequenza è un dipinto di freschezza, nonostante l'immanente buio.

Lo vedessero questo film i Putin e gli altri criminali del mondo, quelli che non sanno cosa sia il sorriso di un bambino, il sogno di uomini che conservano nel profondo quel Fanciullino che salverà il mondo.

La poesia di Danilo Dolci suggella per noi tutti questo film fatti di attimi, eterni.

"C'è chi insegna

guidando gli altri come cavalli

passo per passo:

forse c'è chi si sente soddisfatto

così guidato.

C'è chi insegna lodando

quanto trova di buono e divertendo:

c'è pure chi si sente soddisfatto

essendo incoraggiato.

C'è pure chi educa, senza nascondere

l'assurdo ch'è nel mondo, aperto ad ogni

sviluppo ma cercando

d'essere franco all'altro come a sé,

sognando gli altri come ora non sono:

ciascuno cresce solo se sognato."

(Danilo Dolci)