Il cortometraggio è scritto e diretto da Monica Mazzitelli, mentre fotografia, montaggio e sonoro sono a cura di Mikael Moiner per The Wedding Cake, brevissima ma conturbante opera d’animazione in stop motion che mette in scena una storia straziante, attraverso delle miniature e una torta nuziale. Facendo uso di una tecnica innovativa e di immagini che assommano in sé una grande quantità di significati, l’autrice riferisce la vicenda di una donna costretta da una concatenazione di circostanze sfortunate e ricatti d’ogni genere a prostituirsi. Il cortometraggio si pone quindi sia come racconto di un’esperienza individuale, tratta da una storia vera, ma anche e soprattutto come una denuncia sociale verso lo sfruttamento del corpo consumato come merce, come una torta nuziale che promette una gioia coniugale destinata a non realizzarsi mai, servita alla mercé dei convitati.
Una donna, rappresentata come la figurina felice sulla cima di una torta, racconta la propria storia, partendo dall’incontro con Pavel. La protagonista lo conosce a una festa e dopo quell’occasione resta incinta. Il matrimonio pare essere la naturale evoluzione delle circostanze, ma il futuro non si prospetta roseo. La donna non conosce il lavoro di suo marito, tanto per cominciare, lui in casa è quasi inesistente e lei è costretta a crescere praticamente da sola le sue due figliolette. Alla fine, l’uomo sparisce senza lasciare traccia, lasciando sua moglie sommersa dai debiti, con il rischio di perdere l’affidamento delle sue bambine e di finire in prigione se non salda. Le porte le si chiudono davanti una alla volta, i suoi risparmi e quelli della sua famiglia sono stati consumati da quel matrimonio sfortunato. La protagonista, allora, volge lo sguardo verso la possibilità di una soluzione estrema.
La tecnica dell’animazione stop motion mette in risalto, su tutto, la sequenzialità e quindi il tempo e i suoi effetti. La torta, rappresentazione del matrimonio, ma soprattutto delle speranze di felicità coniugale e metafora, infine, del corpo della protagonista e degli anni che inevitabilmente trascorrono, viene di scena in scena sventrata, fatta a pezzi e consumata. La voce fuori campo di Astrid Hallén esprime con tono fermo e un registro asciutto, per questo ancora più agghiacciante, il racconto della protagonista, sostenuta da un sottofondo che sottolinea la spaventosa realtà descritta. L’orgoglio e l’amor proprio della donna vanno via pezzo per pezzo, fetta dopo fetta, ceduti solo per mostrare quanto terribile sia sopravvivere al proprio graduale smembramento.