Scritto e Diretto da Angelo Frezza, il cortometraggio consegna allo spettatore l’indagine di un momento in cui l’essere umano deve rendere conto del tipo di vita che ha condotto, facendo un bilancio dei meriti e delle colpe collezionati in vita, a beneficio o a danno del prossimo e di sé stesso. Attraverso la scrittura di un dialogo atto a mettere il protagonista con le spalle al muro e costringerlo a guardare con onestà al suo percorso, Angelo Frezza scava in un’umanità che si schermisce, si giustifica, ma alla fine si svela. Una ricerca che non lascia scampo, quella dell’autore, che mette alle strette il suo protagonista, interpretato dal bravissimo Ludovico Fremont, sottoponendolo a condizioni di estrema tensione e proiettandolo verso l’epilogo della sua esistenza, per spremere dalla sua coscienza una difficile sincerità.
Roberto corre in mezzo a un bosco, in fuga dalle bestie che lo inseguono, forse dei cani. Finisce, in questo modo, per perdersi e trova riparo all’interno di una galleria dall’aspetto cadente, all’inizio desolata, successivamente percorsa da cortei sinistri di persone che non fanno caso al protagonista, nemmeno quando questi si rivolge a loro e li scuote per ottenere una risposta. Confuso da ciò che gli sta accadendo e allarmato da sensazioni angoscianti, ancora impossibili da decifrare, l’uomo si getta per terra con la testa tra le mani. Solo a quel punto qualcuno lo raggiunge e gli si rivolge direttamente. È un uomo in là con gli anni, che tacita fin dal primo momento qualsiasi domanda il protagonista voglia porli e lo accompagna in un percorso a ritroso lungo il tunnel, discutendo con lui, nel tragitto, alcuni degli episodi salienti della vita del protagonista.
Ludovico Fremont e Ninì Salerno sono gli interpreti dei due personaggi principali del cortometraggio e si calano nei ruoli alla perfezione per fornire loro una caratterizzazione sfaccettata e profonda. Credibili in ogni passaggio, gli attori riescono a riferire momenti di vita travagliati senza mai scivolare nel dramma fine a sé stesso, ma sintetizzando con tratti realistici il percorso di una vita intera, tra umanità e bassezze, scelte sbagliate e riscatti.
Il regista, insieme al direttore della fotografia Claudio Sabatini, progetta e mette in scena visioni surreali che, tuttavia, alludono con chiarezza al significato del cammino del protagonista lungo il tunnel. In questo spazio che per eccellenza circoscrive l’atto del passaggio, orientato esclusivamente avanti o indietro, la narrazione dell’autore erige un limbo grigio che è anche quello del dubbio. Un dubbio prolifico che se non porta a soluzioni di certo induce una crescita e affaccia verso l’occasione di coltivare con cura il proprio futuro.