Diretto e scritto da Dino Lopardo, Partecipare rappresenta uno dei tasselli che compone il mosaico del periodo dell’emergenza sanitaria Covid-19 e mette in luce uno dei suoi aspetti più strazianti: la sospensione dei riti funebri. L’omissione di un vero e proprio momento di congedo diventa centrale nel cortometraggio, il quale punta l’attenzione dello spettatore su un vuoto di difficile rappresentazione, sul tema di una tragedia che rimane senza epilogo. Lo fa per mezzo di immagini quasi statiche: un sinistro album dedicato a un evento mai celebrato. Le soluzioni ingegnose della regia riescono a mettere in risalto e a rappresentare visivamente il peso di un gesto mancato, di una sofferenza a cui non segue il conforto.
Angela viene colpita dalla tragedia di un lutto. I suoi giorni sono attraversati da un’atmosfera funerea che si proietta lungo il suo avvenire senza una vera destinazione, senza una data da segnare sul calendario per mettere il punto. Angela non riesce a deporla, la morte, a seppellirla e le rimane, quindi, addosso. Si avvicendano scene surreali, tentativi da parte della protagonista di compensare il senso di incompletezza con una riproduzione del rito, ma ne ottiene un risultato posticcio: le lacrime sono finte, le condoglianze solo immaginate. La sua figura davanti alla chiesa è al centro di un’indissipabile solitudine, tale che alla fine la sovrasta e dalla scena svanisce persino lei. Un’ultima immagine rimarca l’importanza del contatto con quello che resta, si trattasse anche solo del corpo.
Una scena di particolare effetto si apre a partire da un’oscurità su cui, poi, irrompono le immagini di due specchi che inquadrano la protagonista. Nel suo riflesso Angela cerca i tratti del lutto: la sua immagine, attraverso le diverse prospettive in cui è rispecchiata, tuttavia, è scomposta, come scomposta è la sua sofferenza, che non trova la sua sintesi in un contesto in cui poter dire addio.
Jole Franco veste i panni dell’unico personaggio presente all’interno del cortometraggio e da sola accompagna il pubblico attraverso le scene intense concepite dall’autore, dimostrando una grande capacità di sostenerne il dramma che permea la storia. La sua interpretazione è accompagnata dalle musiche a cura di Salvatore Iaia e da una fotografia, diretta da Giuseppe Salviulo, che ricalca con assoluta coerenza il tema e proietta su tutte le immagini l’atmosfera di un funerale, ora onnipresente, ora negato, a intermittenza.