Andrea Aglieri con Fiele regala una storia ambientata nella periferia milanese, tra spazi ritratti grazie a un occhio dotato di un autentico talento per il dettaglio – scenari che instillano un senso di desolazione e abbandono. Quello progettato dallo sguardo della regia è un labirinto disabitato in cui il personaggio principale si trascina senza meta, riflettendo in tal modo il vano aggirarsi dei suoi pensieri tra i circuiti chiusi della rabbia repressa e del dolore. Se nulla nel labirinto serve a spegnere il senso di ingiustizia che prova, allora forse la vendetta può – questo sembra decidere in cuor suo il protagonista – mentre l’ossessione per questa idea lo avvelena giorno per giorno.
Claudio siede vicino al letto di sua sorella che vi giace con il volto tumefatto. È stata violentata e picchiata in un parco, un luogo che sua madre continuava a sconsigliarle di frequentare, perché pieno di gente poco raccomandabile. Questa violenza colpisce duramente la famiglia: la madre dei due ragazzi è un guscio al cui interno vive soltanto una spenta rassegnazione, il padre resta chiuso in un silenzio indecifrabile. Claudio, da parte sua, viene sopraffatto dalla rabbia, in un modo che lo segnerà più di quanto immagina. Ingaggia due persone per scoprire il responsabile dell’aggressione e procurarsi una pistola. Ottiene sia l’arma che un indizio: un cappello rosso. L’unico tratto distintivo attraverso cui riconoscere il colpevole, un dettaglio banale che improvvisamente viene messo in primo piano. Il finale colpo di scena è una conclusione inaspettata, difficile da accettare, ma racchiude, al tempo stesso, la chiave di lettura della storia.
Sono prove d’attore ardue, convincenti e intense quelle di Andrea Baglio, nel ruolo del protagonista, e Chiara Marita Cappellari che impersona sua sorella. Nella straziante scena di violenza che, in frammenti, viene rappresentata sullo schermo, l’attrice offre un’interpretazione di grandissima intensità, dimostrando una notevole capacità di entrare in contatto con il personaggio e con il suo trauma. Andrea Baglio, d’altra parte, è in grado non solo di caratterizzare perfettamente Claudio ma di rappresentare il suo scoramento e il suo conflitto.
Fiele è un cortometraggio che racconta una vicenda di cui non si vorrebbe mai sentir parlare e proprio per questo è necessario e coraggioso. Parla di una storia in cui il pregiudizio e una rabbia che acceca velano la realtà e rende evidente, alla fine di tutto, che a contaminare i pensieri e la vita delle persone non è il dolore, come si potrebbe credere. A farlo sono i gesti che una volta compiuti non possono essere disfatti.