SorrisoDiverso

Recensione: Mi chiamavo Eva

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Film corto in cui Miriam Previati mette tutta sé stessa, dirigendo, sceneggiando e recitando un ruolo difficile per il quale, ancor più del volto, presta il corpo. La sua esposizione, in Mi Chiamavo Eva, è in senso più ampio l’esposizione di un’intimità tradita e data in pasto al pubblico disprezzo. L’essere umano perde la dignità di persona e diventa carne. È proprio il color carne, appunto, a prevalere nelle scene, a sottolineare il processo di spersonalizzazione della protagonista che ne legittima, agli occhi del suo indesiderato pubblico, l’assalto sul web per effetto del fenomeno del revenge porn.

Eva adesso è un oggetto: oggetto di sguardi che frugano con indiscrezione la sua immagine su uno schermo, oggetto di fantasie e di disprezzo. Una volta però era una bambina. Insiste su questo punto, in una lettera indirizzata ai suoi genitori che lascia presagire, pur senza mostrarlo, un finale atto disperato di abbandono della vita. Eva è caduta nella trappola di una proposta che avrebbe dovuto alimentare la complicità sessuale con il suo compagno, trasformata inaspettatamente in uno strumento per distruggerla. Un video che la rappresenta nei suoi momenti di intimità con il partner diventa virale. Ogni condivisione e ogni commento è un assalto, un atto compiuto con noncuranza ma che ha sgretolato, per Eva, l’immagine di sé fino a rendere ormai impossibile ripristinarla o disgiungerla dall’umiliazione. La protagonista si chiamava Eva, era Eva, ma ora non lo è più. Chiama in causa i suoi ricordi di infanzia per riportare a galla la bambina, ma specialmente la persona, quella che non sarebbe mai stata attaccata con tanta veemenza, prima di quell’episodio. Si rifugia nel ricordo di un amore puro, quello della famiglia, che non l’avrebbe mai danneggiata.

Una scena intensa, capace di esprimere con la forza di immagini terribili l’accanimento della folla su Eva, è resa ancora più sinistra dalla frenetica euforia a cui il linciaggio, sempre, si accompagna. In questa sequenza che mostra il volto di un’umanità messa a nudo con la stessa inclemenza riservata a Eva, la risata diventa il punto critico di rottura con l’empatia.

Con i suoi forti contrasti cromatici, un montaggio che alterna passaggi reali e scene oniriche, il passato e il presente sulla base di una progettazione solida e per mezzo di una scrittura capace di dar voce agli stati d’animo della protagonista, il cortometraggio di Miriam Previati imprime nello spettatore l’idea e il senso della vergogna. Per la sua intensità e per il valore del messaggio l’opera ha ottenuto durante il Festival TSN il Premio Giuria di VariEtà 2021.